ANGOSTURA RUM, Trinidad
Colombo scoprì Trinidad e Tobago nel suo terzo viaggio, annettendo queste due isole al governo spagnolo. Trinidad rimase un possedimento spagnolo fino al 1797, data in cui venne conquistata dall’impero Britannico, di cui è stata colonia fino al 1962, anno dell’indipendenza. Il PNM, People’s National Movement, partito che per un quarantennio ha governato l’isola, espressione prevalentemente dei ceti medi di origine africana, portò il Paese all’indipendenza il 31 agosto del 1962 e ne promosse successivamente la trasformazione in repubblica nell’ambito del Commonwealth (1972).
Oggi la Repubblica di Trinidad & Tobago, nonostante forti periodi di crisi economica che hanno avuto il loro picco a metà degli anni 90, è sicuramente un’isola dall’economia solida in cui la qualità media della vita è piuttosto alta rispetto a molte delle isole caraibiche, grazie anche a risorse interne importanti (come il petrolio ed il gas) e ad una politica progressista che ha tagliato la tassazione in tutta l’isola. L’alfabetizzazione dell’isola si aggira intorno al 98% ed il tasso di disoccupazione massimo è del 16%, nonostante sia una delle isole con maggiore densità di abitanti. La popolazione è composta per la maggior parte da africani ed asiatici, a cui seguono popolazioni miste di origine europea ed una piccola percentuale di cinesi e caribi (popolazione indigena).
Questa unione di diverse culture, religioni ed etnie, rende questa isola meravigliosa dal punto di vista della poliedricità dei costumi e della cucina.
In questo contesto opera l’unica distilleria di Trinidad, Angostura. Inizialmente una piccola manifattura prettamente legata alla produzione di bitter, dal 1949 ha cominciato anche la produzione di Rum, sia per il mercato locale che per l’export.
Il bitter Angostura, il più famoso e diffuso bitter al mondo, nasce ad opera del Dr. Siegert in Venezuela; correva l’anno 1824. Nel 1875 la famiglia Siegert si sposta a Trinidad, nella città di Port of Spain, dove trasferisce la produzione di bitter in una piccola azienda nel cuore della città. Ancora sotto il dominio britannico, nel 1903, il discendente della famiglia Siegert, J.G.B. Siegert, è stato insignito della massima onoreficenza da parte del Re Giorgio V d’Inghilterra per il lavoro svolto nella produzione e commercializzazione del bitter Angostura, all’inzio un rimedio medicinale per la cura dei problemi di stomaco e di digestione.
Angostura bitter diventa un marchio registrato nel 1921 e nel 1949 viene costruita l’attuale distilleria, che affianca alla produzione di bitter quella di rum. Nel 1955 un’altra onoreficienza arriva dalla corona inglese, questa volta consegnata dalla Regina Elisabetta II, legata sempre alla produzione di bitter. L’intera produzione mondiale di bitter Angostura è ancora realizzata esclusivamente a Trinidad.
Nel 1971 Trinidad Distillers Ltd è la più grande azienda esportatrice di Trinidad (fatta eccezione per le aziende petrolifere) ed infine nel 2012 vince il premio di produttore dell’anno agli Spirits Business Awards.
Il rum alla Angostura è fatto a partire da melasse importate, in quanto purtroppo la produzione locale nelle isole di Trinidad & Tobago è molto scarsa. Le melasse vengono diluite e chiarificate prima di essere messe a fermentare con lieviti coltivati in distilleria e senza l’uso di lieviti commerciali. La distillazione avviene in colonna e l’invecchiamento ed il blending vengono fatti in loco.
Incontriamo Ricardo Aquing il giorno dopo il nostro arrivo. Ricardo, Market development officer di Angostura, ci fa una panoramica generale sul consumo locale, ci fa visitare la distilleria e prepara per noi l’incontro con John Georges, al termine del quale ci accompagna a visitare alcuni dei tipici bar di Port of Spain, in cui apprezziamo da vicino le abitudini dell’isola.
Quando entriamo nel suo ufficio, John Georges, Master Distiller di Angostura, ci accoglie con un grande sorriso e cominciamo una piacevole chiacchierata che va avanti per oltre due ore.
[dropcap custom_class=”normal”] Che tipo di melassa utilizzate per la fermentazione? [/dropcap]
“Black Strap Molasses, generalmente provenienti dalla Repubblica Dominicana, dalla Guyana e dal centro America. Quando cominciai a lavorare qui in Angostura, gli zuccherifici non erano così efficienti come oggi e le melasse erano molto ricche di zucchero, quasi dei veri e propri sciroppi di canna da zucchero. Certo peccato per i produttori di zucchero, ma per noi era una manna. Successivamente con il calo dei prezzi dello zucchero e con l’avvento del biocarburante da melassa, gli zuccherifici hanno cominciato ad estrarre sempre più zucchero ed a porre sempre meno attenzione alla qualità delle melasse, per cui è diventato molto difficile trovare melasse di qualità. Anche l’avvento della raccolta meccanica non ha giovato molto. Per quanto la canna dopo la raccolta venga lavata prima della spremitura, la raccolta meccanica porta con se, e di conseguenza nella melassa, un gran numero di inquinanti ed il nostro lavoro diventa sempre più difficile.”
[dropcap custom_class=”normal”] Che tipologia di lieviti utilizzate per la fermentazione? [/dropcap]
“Abbiamo selezionato i nostri lieviti a partire dai lieviti naturali originari della nostra isola e continuiamo a coltivare questa selezione. E’ un cultivar di lieviti piuttosto performante in quanto riesce, a seconda del tipo di melassa ed a seconda del prodotto che vogliamo ottenere, a terminare la fermentazione in 36/48 ore con un grado alcoolico finale del dead wash che si attesta mediamente intorno all’8%. Un tempo, con le melasse di cui parlavamo sopra, era facile ottenere anche un grado alcolico che superava il 10/11%, oggi siamo felici quando a volte ci capita di arrivare al 9%. Cerchiamo di diluire le melasse fino al 12/15% di contenuto zuccherino, il problema è che ora dobbiamo sempre controllare la quantità di sporco presente in esse, in quanto se questo è eccessivo, la fermentazione avviene in modo parziale.”
[dropcap custom_class=”normal”] Usate solo l’alambicco a colonna, giusto? [/dropcap]
“Si. L’alambicco a colonna è stata una scelta quando si è deciso di creare la distilleria, in quanto ci permette di realizzare un range di rum che va dai light con una concentrazione di cogeneri tra i 5 e 10 mg, ai rum con corpo più robusto che possono contenere fino a 500/600 mg di cogeneri, questo perchè da sempre abbiamo mirato alla produzione di Rum Premium, di alto livello con vasta gamma aromatica, ma senza perdere di vista il nostro mercato locale che invece è abituato a rum bianchi molto leggeri.”
[dropcap custom_class=”normal”] Che cosa intendi per rum premium? [/dropcap]
“Beh, ti racconto una storia. Nel 1984 mettemmo in commercio il nostro primo heavy rum di lungo invecchiamento, sempre in quegli anni il nostro Royal Oak era un blend di rum il cui invecchiamento minimo era 12 anni, infatti si chiamava Royal Oak 12. Purtroppo avevamo anticipato i tempi e questa gamma rimase invenduta, era troppo presto ed il mercato non era pronto a recepire questo tipo di rum, tanto che modificammo il blend del Royal Oak, facendolo diventare un blend di rum tra i 3 ed i 5 anni e levando ovviamente il 12 dall’etichetta.”
[dropcap custom_class=”normal”] Questo vuol dire che avete delle regole sull’etichettatura? [/dropcap]
“Abbiamo le nostre regole, dettate dalla serietà che vogliamo mantenere nei confronti del mercato. Se mettiamo un numero su una bottiglia, quel numero identifica l’età del rum più giovane presente nel blend. Non ci sono direttive governative in merito, ma è una nostra scelta quella di seguire questa regola. Siamo da sempre sostenitori della tutela non solo del consumatore ma anche di noi stessi, ed è per questo che siamo entrati a far parte di W.I.R.S.P.A., ma è così difficile mettere, seppur poche, regole in questo settore. La cosa che più stiamo spingendo in questo senso è la protezione dell’origine.
“Bisogna rispettare il liquido nella bottiglia e le persone che lo producono”
Non deve essere possibile che si trovino in commercio rum che vengono dalla Nuova Guinea o dalle Filippine in cui sull’etichetta sia riportata la dicitura ‘Jamaican Rum’. Bisogna rispettare il liquido nella bottiglia e le persone che lo producono. Nei Caraibi siamo sicuramente più fortunati, abbiamo una cultura ed una tradizione di secoli nell’arte della produzione del rum. Oggi molti altri paesi si stanno affacciando in questo mondo, penso appunto alla Nuova Guinea, alle Filippine, all’Australia. Certo la nostra qualità è ancora superiore, ma questo non vuol dire che in breve tempo non lo diventi anche la loro. Io credo che quando questi paesi impareranno a fare rum di qualità superiore e capiranno la passione, il lavoro e l’esperienza che c’è dietro, impareranno anche a rispettare il liquido e le persone che lo producono. Probabilmente cominceranno loro stessi ad esigere rispetto. Fino ad allora però credo ci sia bisogno di una tutela.”
[dropcap custom_class=”normal”] Il rum è sempre stato un distillato ‘divertente’ al contrario degli altri distillati. Un distillato che di solito è usato in miscelazione, il distillato che si consuma sulla spiaggia, eccetera. Questo forse porta la gente a non prenderlo sul serio. Non è così? [/dropcap]
“La verità è che noi siamo molto seri, ma non ci prendiamo mai sul serio, e parlo da persona che lo produce. Facciamo il nostro lavoro seriamente, rispettiamo il liquido nella bottiglia, ma siamo consapevoli che quando si decide di bere un calice di rum, che sia sulla spiaggia, che sia a casa propria sulla poltrona di fronte al camino, si vuole sorridere. Si vuole pensare ‘ ehi diamine, questo è davvero buono!’ Nel mondo degli spirits il rum è l’unico distillato che strappa sorrisi. Quando si pensa al Cognac, o al whisky, di solito si pensa a qualcosa di austero, serio, composto e non riesci a pensarli diversamente. Quando pensi al rum non è così. Noi siamo Tiki e siamo Super Premium. E’ l’unico distillato al mondo che può vantare questa poliedricità. Per cui è vero, qualcuno tende a non prenderci seriamente, ma questo fa parte del gioco, ed alla fine non prendendoci seriamente si avvicina al nostro mondo e prima o poi ne resta affascinato. E’ inevitabile”
[dropcap custom_class=”normal”] Tornando a te, sei il master distiller di Angostura, qual’è di preciso il tuo lavoro e quali sono le problematiche connesse al tuo ruolo? [/dropcap]
“Beh, la fermentazione è il momento topico nella creazione del rum. E’ il momento in cui tutti gli aromi vengono creati, in cui si pongono le basi per un buon distillato. La distillazione è atta a preservare quanto creato. Una buona distillazione è quella che riesce a portare nel prodotto finale tutto quanto di buono si è creato in fermentazione.
Quando le cose vanno bene è tutto funziona, è tutto bellissimo, ma quando le cose cominciano ad andare per il verso sbagliato ecco che arriva la parte più divertente ed interessante del mio lavoro. Quando cominciai qui, arrivai di fronte all’alambicco e mi sembrava di capire tutto. Venivo da studi meccanici per cui la dinamica del processo mi era piuttosto chiara ed anzi, la trovavo anche a tratti piuttosto banale. Qui c’erano i vecchi maestri distillatori che ogni tanto, quando qualcosa andava male, cominciavano a muovere, spostare, cambiare, regolare. Alla fine il tutto cominciava a funzionare per il verso giusto, ma qualdo chiedevi cosa avevano fatto, la risposta era sempre la stessa: ‘non lo so’, e per me era inconcepibile.
“La distillazione ha una parte scientifica ed una parte oscura, emozionale”
Ora che ho accumulato la mia esperienza facendo esattamente le stesse cose, capisco la loro risposta. In effetti la distillazione ha una parte molto scientifica, un rapporto causa effetto molto chiaro, ma ha anche una parte oscura, emozionale. Devi conoscere appieno la tua strumentazione, ma è solo l’inizio. Molte volte mi trovo ad arrivare sul posto durante la distillazione e mi rendo conto che le cose non vanno, ma i ragazzi addetti al controllo mi rispondono che tutto sta andando nei parametri di controllo. Io ci discuto tutte le volte per fargli capire che i loro controlli, i loro macchinari, stanno sbagliando. La distillazione può anche essere nei parametri ma il rum che sta uscendo non è quello che ci si aspetta, per cui la loro macchina sta sbagliando. Alcune volte non riesci a risolvere il problema con piccoli aggiustamenti, per cui fermi il processo, smonti, pulisci tutto e rimonti. Se non ti sono avanzati dei pezzi nella maggior parte dei casi tutto funziona di nuovo.”
[dropcap custom_class=”normal”] Come va con le nuove leve? Riescono a comprendere questo lato oscuro? [/dropcap]
“E’ difficile, e richiede molto tempo. Ma sono sicuro che alcuni di loro sono sulla giusta strada. Purtroppo o per fortuna Trinidad ha una forte specializzazione nei processi di distillazione del petrolio. Lì tutto è meccanico. Se la tecnologia funziona, se i controlli dicono che è tutto ok, allora è tutto ok. Quando questi ragazzi arrivano qui, la parte più dura è fargli capire che il rum non è la stessa cosa, che non possono imparare a risolvere i problemi dai libri e che nessun libro o professore o controllo elettronico, e spesso nemmeno io, può dargli la risposta a tutto. Molte volte la risposta la trovi nella tua esperienza, spesso non capendo cosa sta realmente accadendo, semplicemente facendo le cose che ritieni giusto fare in quel momento. Questa è la parte più difficile per le nuove leve che vogliono intraprendere questo lavoro. La cosa veramente stupefacente di questo lavoro sta proprio nel fatto che lo stesso problema, sta sicuro, non accade mai due volte. Il rum non è solo il risultato di un processo chimico o tecnologico, ma è un’insieme di questi uniti ad un fattore personale ed emozionale, quello che io chiamo l’X-Factor. Lo stesso che ti fa dire, mmm… questa distillazione è buona, oppure diamine, questa distillazione è eccezionale.”
[dropcap custom_class=”normal”] Dopo la distillazione, ci sono blending ed invecchiamento… in che ordine qui da voi? [/dropcap]
“Beh, non c’è un ordine. Proprio per questo X Factor a volte decidiamo di fare dei blending prima di mettere in botte. A volte invece mettiamo il prodotto direttamente in botte. Quando metti il prodotto in botte, puoi aspettarti qualcosa, certo, ma è sempre una scommessa. Scegli la botte giusta, la riempi di quello che ritieni essere il rum giusto ed alla fine, non ti resta che aspettare, assaggiando di tanto in tanto quello che sta succedendo e tenendo sempre le dita incrociate. Alla fine qualcosa decidi di usarla, qualcos’altro decidi di tenerlo, magari per fare anni dopo qualcosa di stupefacente. Non lo decidi mai prima, è una questione di X-Factor. Come ho detto prima abbiamo sempre tenuto ben presente il nostro obiettivo, quello di creare rum di qualità sempre più elevata e posizionarci sempre di più nel mercato degli Ultra Premium, e continuiamo a lavorare su questo. La nostra scorta di oltre 17000 barili ne è la testimonianza.”
[dropcap custom_class=”normal”] Cosa pensi di tutte le nuove tecnologie atte ad accelerare l’invecchiamento o comunque a ricreare in poco tempo ed in laboratorio il flavour di un rum di lungo invecchiamento? [/dropcap]
“Molti sono passati di qua cercando di invogliarci ad utilizzare questo tipo di sciocchezze. Suvvia! Se pensi di prendere in giro la gente in questo modo stai sbagliando di brutto. C’è qualcosa di magico che accade quando lasci il rum a contatto con il tuo barile per X anni. Questa gente crede di capire completamente tutti gli elementi che contribuiscono alla creazione del flavour dei rum di qualità. In verità seguono ed analizzano solo i maggiori responsabili, credendo che tutti gli altri elementi minori non abbiano alcun rilievo. Ma solo perchè le loro stupide macchine nel loro laboratorio non riescono ad analizzare e riconoscere questi elementi questo non significa che il tuo palato non riesca. Il tuo naso ed il tuo palato possono. Ma capisco cosa stanno cercando di fare questi personaggi. Lasciare il rum in barile per anni, oltre che una rischiosa scommessa, è un investimento piuttosto pesante, anche perchè di solito gli angeli vengono e te ne portano via una parte. E, credimi, agli angeli il rum piace parecchio!”
Lasciamo a malincuore John al suo lavoro, alla fine il tempo è volato via ed abbiamo goduto appieno della sua compagnia, professionalità e simpatia. Ci facciamo promettere che prenderà parte alla prossima edizione di ShowRUM e che svolgerà in essa un seminario. Strappiamo un quasi si che ci rende comunque felici e ci portiamo via un motto, il suo e quello dell’isola, che recita “Like yourself and enjoy yourself”. E possiamo dire che nei paesi del rum, tutti, è più che un motto, è uno stile di vita.