SAINT LUCIA DISTILLERS, ST LUCIA
Arrivare a Saint Lucia in aereo ed atterrare o decollare all’aeroporto di Castries è un’esperienza che consiglio a tutti almeno una volta nella vita. L’aeroporto di Castries non è un normale aeroporto, fatto di gate, sale cementate, lunghi cunicoli metallici, scale mobili, ascensori, sale per il check in, nastri per bagagli, eccetera. Potremmo definirlo un aeroporto artigianale, in cui il check in viene fatto direttamente in una piazzetta alle spalle di una splendida spiaggia (da non trascurare la possibilità di fare il drop off dei bagagli ed attendere il proprio aereo sulla spiaggia), in cui la sala d’attesa è un piccolo edificio al piano terra di fronte alle piste di atterraggio sorvegliato all’ingresso da un desk della polizia doganale. Ovviamente il gate è una porta a vetri che da sulla pista, con una caratteristica tettoia in legno immersa nel verde che funge da camminamento da e per il proprio aereo.
Decidiamo di trascorrere due giorni nella caratteristica Rodney bay, una baia a ridosso di un piccolo porto turistico ed a breve distanza dal DELIRIUS BAR, cocktail bar e ristorante gestito da uno dei più famosi bartender caraibici: Alva Preville.
La Saint Lucia Distillers, che andremo a visitare, è l’unica distilleria dell’isola e produce tutti i brand provenienti da Saint Lucia, tra cui Chairman’s Reserve, Admiral Rodney, Toz, ed una moltitudine di liquori, flavoured and spiced rum.
Michael Speakman, direttore marketing e vendite, passa a prenderci il lunedì, dopo un weekend passato a Saint Lucia nella meravigliosa Rodney Bay. La distilleria verso cui ci dirigiamo è situata a circa mezz’ora di strada, immersa nella rigogliosa Roseau Valley, un tempo vallata ricca di piantagioni di canna da zucchero, ora riconvertite in piantagioni di banane. La distilleria si erge proprio al centro della valle, dove un tempo sorgeva anche lo zuccherificio che fungeva da diretto fornitore di melassa. Oggi purtroppo la coltivazione di canna da zucchero in Saint Lucia è praticamente inesistente e quindi le melasse vengono comprate da altri paesi produttori dei Caraibi.
La nostra visita comincia con un tour della distilleria. Subito di fronte a noi si stagliano grandi silos di raccolta per la melassa, accanto ai quali un capannone ospita le nuove botti appena arrivate dall’america. Entriamo nella distilleria, passando dalle vasche di fermentazione. Piccole vasche in cui è messa a fermentare la melassa, precedentemente miscelata con i lieviti in un’apposita cisterna.
Al termine del processo di fermentazione, in Saint Lucia Distillers, il dead wash può essere distillato in quattro differenti alambicchi tra cui un Coffey Still in acciaio di piccole dimensioni, un piccolissimo alambicco Vendome in rame discontinuo senza rettifica e due diversi alambicchi in rame John Dore discontinui di diversa dimensione, con rettifica.
Dopo la distillazione il prodotto viene messo a riposare in cisterna e da qui trasferito in botte.
Ogni distillazione invecchia separatamente ed il processo di blending avviene solo dopo l’invecchiamento per creare le 22 etichette che attualmente la Saint Lucia Distillers produce.
Al termine del tour incontriamo Roger Miller, Quality Assurance Coordinator dell’azienda, che insieme al master blender ci illustra le varie caratteristiche dei prodotti, sia in termini di blending che in termini di invecchiamento.
Cominciamo la degustazione e siamo subito colpiti dalla ricerca della qualità di questa azienda, che da pochi anni, ma in modo davvero meticoloso, sta cercando di aggredire il mercato premium con prodotti di qualità sempre maggiore.
Il primo bicchiere che ci viene proposto contiene il rum per il mercato locale, il Bounty. E’ un rum proveniente al 100% da alambicco continuo con un invecchiamento da uno a tre anni in botti di rovere americano ex bourbon. Il prodotto è pulito, asciutto e di medio corpo. Un ottimo prodotto da miscelazione, che può essere servito anche per una bevuta semplice liscio con ghiaccio.
A seguire assaggiamo il TOZ Gold, un prodotto che invece è il risultato del blending di pot still (prevalentemente John Dore) e alambicco a colonna, invecchiati separatamente per circa 7 anni in botti di rovere americano ex bourbon. Al termine dell’invecchiamento viene fatto il blending ed il prodotto viene successivamente messo ad affinare per ulteriori sei mesi in botti di porto. E’ il prodotto che ci fa affacciare nel campo dei premium a cui l’azienda mira ed il risultato è di tutto rispetto. Complessità, ricchezza olfattiva e gustativa, corpo medio robusto e finale asciutto caratterizzano questa etichetta.
Arriva quindi il momento della linea del Chairman’s Reserve, la cui produzione è simile a quella del TOZ, con la differenza che il rum in questo caso ha una prevalenza di pot still tra cui il Vendome ed un invecchiamento di 5 anni anzichè 7 ed il “marriage” dopo il blending avviene sempre per sei mesi ma di nuovo in botti di rovere americano. Il prodotto che ne risulta è ricco e rotondo con interessanti note speziate unite a foglia di tabacco e miele. E’ pieno e di medio corpo con un interessante finale abbastanza lungo e speziato.
A seguire l’Admiral Rodney, in cui il rum proviene al 100% da alambicco continuo, come per il Bounty. Le botti vengono invecchiate per 12 anni prima di procedere al blending. Il “marriage” avviene per qualche settimana in acciaio prima dell’imbottigliamento. Il rum risulta di corpo robusto, morbido, ricco con note di legno, marmellata di frutta rossa, vaniglia e cacao. Il finale è lungo e piacevolmente asciutto.
Ed infine, prima di passare alla degustazione delle botti in purezza, assaggiamo il nuovo brand della casa, il 1931.
“Abbiamo creato il blend per questa etichetta in occasione degli 80 anni dalla fondazione della vecchia distilleria Dennery, nella Mabouya Valley, una delle due distilleri, insieme alla Roseau, ad aver formato la Saint Lucia Distillers Group of Companies” – a parlare è Roger Miller – “Creare questo brand è stata una sfida per il nostro master blender in quanto ha richiesto un lavoro enorme nella ricerca delle botti migliori provenienti da ciascun alambicco e nell’equilibrio del blend dato dalle varie annate di invecchiamento. Al lancio sul mercato ci siamo subito resi conto che il prodotto era davvero valido e che il mercato ha recepito molto bene questo nostro sforzo in termini qualitativi, per cui abbiamo deciso, l’anno seguente di ricreare un nuovo blend e di mantenere l’etichetta 1931 per festeggiare l’81° anno. Crediamo fermamente in questo prodotto e nel nostro master blender, per cui credo che festeggeremo anche l’82°, l’83° e così via…”
Abbiamo avuto modo di spendere con Roger più di un’ora (ed oltre 45 assaggi tra prodotti in commercio e samples da botte), e crediamo che il futuro di questa piccola realtà di produzione sia molto roseo. Ringraziamo e salutiamo Michael Speakman, Roger Miller e tutto lo staff di Saint Lucia Distillers, con la speranza di vederli in Italia allo ShowRUM, e ci riavviamo verso Rodney Bay, da dove il giorno dopo partiremo alla volta della Martinica.